Locandina Città di carta

Città di carta

Un film di Jake Schreier - Con Cara Delevingne, Austin Abrams, Halston Sage, Nat Wolff, Justice Smith.
Titolo originale Paper towns. Drammatico, durata 110 min., colore - USA, 2015 - 20th Century Fox
Al momento non in programmazione

Quentin è amico sin dall’infanzia di Margo, dirimpettaia avventurosa e imprevedibile dove lui è timido ed eccessivamente cauto nelle sue scelte. Negli ultimi anni però i due si sono allontanati: la ragazza è diventata una delle più cool del liceo, lui uno dei più nerd; almeno fino alla notte in cui Margo ha bisogno del suo aiuto per vendicarsi di alcuni nemici comuni del liceo. Quentin scopre di amare follemente Margo, che il giorno successivo scompare senza lasciare traccia. Eccetto che per Quentin, che comincia a trovare indizi che secondo lui condurranno inequivocabilmente alla ragazza.
Tratto da un romanzo di John Green, concepito tra le altre cose per annientare lo stereotipo della cosiddetta manic pixie dream girl, Città di carta è vittima di un equivoco: quello di assomigliare troppo al suo protagonista nell’incapacità di maturare e di scegliere il proprio ruolo. Forse angosciato dall’idea di dover ripetere il successo clamoroso di Colpa delle stelle – tratto anch’esso da un romanzo di Green e interpretato dal medesimo attore, Nat Wolff – Jake Schreier (Robot & Frank) dimostra ben presto di non avere il controllo della materia né di sapere dove meglio indirizzarla. La sottotrama principale, ossia il mistero legato al personaggio di Margo e allo sviluppo della relazione tra lei e Quentin, non riesce ad amalgamarsi con l’altro film annidato nel segmento centrale di Città di carta, differente per tenore, scrittura e caratterizzazioni: il teen road movie sugli amici alla ricerca di Margo. Come se un film medio da Sundance su un tormentato bildungsroman cercasse di convivere, senza successo, con Tre menti sopra il pelo o un American Pie dal QI lievemente innalzato (e con qualche scurrilità in meno) e con ascendenti di decenni orsono, come Stand by Me o Quell’estate del ’42. Città di carta cerca di essere troppi modelli senza mai convincere, né essere convinto, di poterne incarnare almeno uno, senza essere supportato da una regia di personalità (Schreier si arrende al contenuto e si limita a lasciare che la trama segua il suo corso). Gli specchietti per le allodole indie non mancano – Walt Whitman, Woody Guthrie, i Wilco, la colonna sonora impeccabile con Bon Iver, Vampire Weekend e War On Drugs – e sono disseminati lungo il film al pari degli indizi lasciati da Margo, finendo per risultare bluff vuoti, o “di carta”, per riprendere la metafora con cui Margo spiega a Quentin l’ipocrisia del mondo circostante (lei compresa).
Funziona paradossalmente meglio il filone secondario, benché scrittura e personaggi manchino dello spessore necessario per resistere all’incedere del tempo, anche per la scelta quasi deliberata di annientare il potenziale di quello primario. Affidare Margo a Cara Delevingne calamita tutte le attenzioni sulla modella e convince in fatto di coolness: ma la recitazione da principiante improvvisata e la scarsa chimica con il protagonista l’allontanano sempre più dal ruolo iconico che dovrebbe sostenere e in buona sostanza dal film stesso. Tanto da non suscitare nell’epilogo alcun desiderio, protagonista a parte, di rivedere e riascoltare il personaggio Margo. Il climax del film, particolarmente carente in termini di scrittura, coincide con la scelta più azzardata, quella di cambiare radicalmente il finale rispetto al testo di Green. Fatto che produce effetti indesiderati, lasciando l’amaro in bocca su un esito insoddisfacente se interpretato sia come lieto fine che come agrodolce ritorno alla realtà. Meglio della Delevingne il partner Nat Wolff, benché a un passo dal typecasting, e soprattutto la colonna sonora, unico elemento non “di carta” di una occasione macroscopicamente mancata.