Tutto scorre liscio (più o meno) nella vita di Bianca, fino a che non scopre di essere l’A.S.S.O. nella manica di Casey e Jess, le sue due amiche più belle e desiderate di lei, ovvero l’amica più brutta che tutti usano per ottenere informazioni e conoscere le due ragazze più popolari. È il suo vicino di casa ed ex amico d’infanzia, Wesley, a rivelarglielo. Distrutta dalla scoperta Bianca decide di uscire dalla propria condizione proprio rivolgendosi all’ex amico d’infanzia e oggi popolare giocatore di football della scuola. Grazie ai suoi consigli vuole diventare adatta alla conquista del ragazzo che brama.
Il teen movie d’ambientazione scolastica tra i generi recenti è uno dei più rigidi in assoluto (è stato codificato negli anni ’80 da un pugno di pellicole auree) e usa il rigore di una struttura, personaggi e ambientazioni immutabili per raccontare proprio la codifica di comportamenti e relazioni tipiche di quell’età. Una gabbia per raccontare una gabbia. I personaggi del teen movie scolastico sono sempre intrappolati in ruoli che non desiderano, relegati ai margini di strutture sociali ben determinate (uno dei molti topoi del genere a cui anche questo film non si sottrae è proprio l’elenco di tali categorie) e inseriti in un carcere formato da orari, campanelle, armadietti e umilianti sessioni di educazione fisica. In questo mondo L’A.S.S.O. nella manica introduce piccole variazioni per raccontare l’eterna storia della scalata sociale adolescenziale.
Non è l’esito del film o la possibilità che la protagonista, evidentemente poco popolare, poco considerata e destinata all’invisibilità, possa trovare un amore che nemmeno cerca a fare la differenza ma la possibilità tramite la sua parabola di raccontare i mutamenti sociali. Nel suo immobilismo il genere del teen movie palesa tutto ciò che gli sfugge e Josh A. Cagan, lo sceneggiatore che adatta il libro “Quanto ti ho odiato” di Kody Keplinger, già fattosi notare con l’altro ottimo teen movie Bandslam, riesce a raccontare il mutato scenario giovanile con incredibile pregnanza. Non solo Cagan non considera degli idioti il proprio pubblico (cioè gli adolescenti e postadolescenti) ma per loro scrive una sceneggiatura capace di oscillare tra necessarie banalità e umorismo affilato. Obbligato a descrivere una gioventù da social network (come nel precedente Bandslam era obbligato a descrivere un mondo musicale giovanile) rifiuta ogni luogo comune tipico di chi appartiene ad un’altra età e ha avuto un’adolescenza completamente diversa senza perdersi dietro a stupidi passatismi cogliendo l’unica verità, che i metodi dell’inclusione ed esclusione sono passeggeri e mutevoli, il risultato invece è sempre il medesimo.
Addirittura anche la consueta dinamica da My Fair Lady (un uomo sofisticato istruisce una ragazza per renderla adatta al suo mondo finendo per innamorarsene) ne esce rinfrescata grazie alle piccole variazioni e alla maniera in cui Cagan e il regista Ari Sandel creano un mondo coerente e accogliente. Alla fine non sarà la quantità di luoghi comuni sulla high school americana a fare la differenza, ma la maniera in cui questi sono sfruttati per raccontare tutto ciò che sta fuori dalla scuola, la società in cui essa è compresa e i mutamenti sociali.
L’A.S.S.O. del film, ovvero l’Amica Sfigata Strategicamente Oscena (adattamento equilibrista di DUFF, Deisgnated Ugly Fat Friend), non è la secchiona vestita fuori dal tempo dei film degli anni ’80, nè quella problematica e triste degli anni ’90 o ancora l’emo dei 2000, quanto una ragazza interessata, sveglia e vivace, dall’intelligenza acuta e la lingua vivace, un essere umano che può essere messo ai margini solo in una struttura sociale in cui le più popolari (che ovviamente coincidono con le più belle) aspirano a far parte di reality televisivi.
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