Ben, pensionato settantenne e vedovo, le ha provate tutte per ingannare il tempo, ma non riesce a rimanere senza amore né lavoro. Decide così di ripartire dalla gavetta, approfittando di un insolito programma di stagisti senior promosso dalla start-up About The Fit, un e-commerce di abbigliamento. A Ben viene assegnato il ruolo di assistente della fondatrice dell’azienda, Jules, più giovane di lui di 40 anni. Jules è un control freak perfezionista, incapace di rimanere con le mani in mano, ma la sua vita privata ne risente; intanto la sua iniziale diffidenza verso Ben si tramuta gradualmente in rispetto e ammirazione.
Dopo aver scoperchiato il mistero della mente delle donne in What Women Want e aver regalato al mondo una delle romcom definitive degli anni Zero con L’amore non va in vacanza, Nancy Meyers è diventata una griffe, un marchio multimilionario di expertise sul feelgood movie. Il segreto dell’intrattenimento non volgare ma piccante e la dote di saper gestire i mostri sacri del cinema, preferibilmente anziani, trova un unico possibile sbocco naturale: l’incontro tra Anne Hathaway e Robert De Niro. La prima, donna di spettacolo a 360 gradi, dal talento straordinario e attrice di duttilità rara; il secondo un mito di celluloide, senza bisogno di presentazioni, ormai definitivamente prestato alla commedia leggera. L’intesa tra i due è indiscutibile e si traduce in una naturalezza che agevola l’immedesimazione dello spettatore, al punto da prevalere nettamente sullo script e sulla regia di Meyers, che si rivelano insolitamente rigidi. Troppa attenzione all’equilibrio nelle dinamiche del cast e al formalismo codificato del genere porta a soluzioni che rischiano di spezzare il ritmo del film. Meyers ci tiene da subito a trasmettere l’idea che il rapporto tra Ben e Jules non possa andare oltre l’amicizia, ma questo vincolo ne implica altri, a partire dal romance tra Ben e la massaggiatrice Fiona, trama collaterale totalmente pleonastica.
Dettagli, che però, uniti a musiche invadenti e didascaliche (si parla di Billie Holiday e parte un brano di Lady Day, extradiegetico), minano la riuscita complessiva di un’opera che difficilmente segnerà un’epoca come gli illustri predecessori dell’autrice. I fan di Meyers e i nostalgici di un’antica etica del lavoro – briefcase e completo scuro – così come di una antica mascolinità perduta (tema ricorrente in Meyers, più che mai stanca di eterni ragazzoni nerd) tuttavia si troveranno perfettamente a loro agio. Scena cult, nonostante un cast di comprimari distante mille miglia dai due mattatori, il recupero disperato della mail inviata per sbaglio da Jules: chiunque abbia vissuto il trauma di una mail finita nelle mani sbagliate ha conosciuto quella scarica di adrenalina. Benché pieno di difetti, Lo stagista inaspettato centra comunque l’obiettivo più importante, dopo averlo perseguito a scapito di credibilità e qualità artistica: rasserenare lo spettatore. Può sembrare poco, ma (far) stare bene è una faccenda seria, parola di Nancy Meyers.
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