Locandina No escape – Colpo di stato

No escape – Colpo di stato

Un film di John Erick Dowdle - Con Owen Wilson, Pierce Brosnan, Lake Bell, Spencer Garrett, Sterling Jerins.
Titolo originale id. Thriller, durata 100 min., colore - USA, 2015 - M2 Pictures
Al momento non in programmazione

Jack Dwyer lavora per una compagnia che costruisce e mantiene acquedotti, è un ingegnere e il punto più alto della sua vita è stato inventare una valvola che “stava per diventare qualcosa di molto grande”. Le difficoltà economiche in patria portano la sua società a trasferirlo con tutta la famiglia (assieme alla moglie ci sono anche due bambine piccole) in Thailandia per lavorare all’appalto che hanno in loco. Appena arrivati però scoppia una rivoluzione, un gruppo armato, spietato e sanguinolento uccide il primo ministro tailandese e scatena una guerra senza scampo per le strade e nei palazzi. Ci vorrà poco per capire che il bersaglio prediletto di tutta questa violenza, oltre al governo, sono gli occidentali e in particolare proprio gli americani come Jack, quelli venuti per lavorare all’acquedotto. Senza nessuna conoscenza militare, nessuna spiccata capacità da uomo d’azione Jack dovrà cercare di mantenere in vita la propria famiglia.
È almeno da Hostel che la relazione che il cinema americano ha con il ruolo del proprio paese nel mondo ha preso una piega di condanna più esplicita e diretta. Da quando Eli Roth ha cominciato a mostrare che al di fuori degli Stati Uniti c’è un pianeta che in gran parte (specie dove il benessere non è diffuso) non ama per niente l’America e lo manifesta vendicandosi contro i cittadini americani, quello che era il paradigma fondante di tanta Hollywood è andato sempre più in declino. Quella degli Stati Uniti come salvatori del mondo e dei loro nemici come cattivi è rimasta una visione di minoranza, perché sempre di più studios e dintorni raccontano storie che, se ambientate all’estero, vedono gli americani scontare le colpe del proprio paese. No Escape si inserisce perfettamente in questa tendenza, annullando anche l’altro concetto tipico del cinema di suspense e azione che si svolge all’estero, ovvero quella strisciante sensazione che “uno dei nostri equivale a 100 dei vostri” diffusa prima da molto cinema di guerra prima e poi da quello d’azione anni ’80.
Il film ideato dai fratelli Dowdle, a partire dalla visione distopica di una loro reale esperienza, mette un uomo comune, privo di grandi capacità ed eroismo a contatto con la meno auspicabile delle situazioni e nello scorrere della sua tragedia rimarca più volte come l’inferno che vive sia tutto figlio della politica estera dei paesi occidentali e, ovviamente, degli Stati Uniti in primis. Non è lui ad aver ragione ma quegli spietati assassini, che ci appaiono come macellai insensati, intenzionati a vederlo morto ad avere le motivazioni più inattaccabili.
Più in là del pessimismo, del cinismo e della disillusione crepuscolare del cinema anni ’70, la Hollywood degli anni 2000 riceve le cronache di politica estera e interna (dalla sorveglianza svelata da Snowden fino ai diversi interventi militari sempre più documentati nel loro orrore e nella loro ingiustizia) trasformandole in spunti per storie che testimoniano e reiterano la sensazione di non essere il paese migliore del mondo, anzi, di essere i cattivi della situazione quando si parla di geopolitica.
I Dowdle (uno regista, l’altro produttore, entrambi sceneggiatori) in teoria sono fedeli alla linea del disimpegno e dell’intrattenimento, nella pratica non smettono di raccontare dei percorsi di paura e tensione, al chiuso (Quarantena, Necropolis) come all’aperto, tenendo sempre presente il passato, la storia e l’eredità del passato privato o collettivo dei protagonisti. Basterebbe anche solo la maniera in cui i due autori scelgono di concludere il viaggio della famiglia di No Escape (dove e assieme a chi) per spiegare quanto questo film che desidera essere cinema di serie B ma purtroppo non sempre ci riesce, alternando trovate esaltanti a soluzioni più grossolane, scontate e “facili”, sia legato al cinema di guerra degli anni ’70 e ad uno dei primi peccati originali degli Stati Uniti mai rappresentati sul grande schermo con onesto disincanto.