Sonny Kapoor e Muriel Donnelly, proprietari del Marigold Hotel, volano negli States per realizzare un sogno: aprire un secondo Marigold Hotel. Ma per i sogni servono fondi e una società americana disposta a investire. Rientrati in India e in attesa dell’ispettore, che arriverà in incognito a valutare la gestione alberghiera, Sonny e Muriel affrontano i marosi della loro esistenza. Sonny è un giovane uomo indiano a un passo dal matrimonio e sull’orlo di una crisi di nervi a causa di un rivale americano troppo interessato ai suoi ‘affari’, Muriel una vecchia signora inglese con pochi giorni davanti. A fare corona, un gruppo di vecchi amici decisi a resistere nella terza età e indecisi su come (e con chi) spendere la terza età. Una lunga notte bollywoodiana farà chiarezza.
Nella vita reale le persone âgée sembrano ossessionate dalla “gioventù eterna”, quel bisogno (in)naturale di rimandare o di negare la vecchiaia, nel cinema diversamente si prende atto della terza età e si immaginano luoghi altri, e qualche volta esotici, in cui ‘accomodarla’. Se gli americani la tuffavano in una piscina miracolosa (Cocoon) e i francesi in una vivace comune (E se vivessimo tutti insieme?), gli inglesi la trasferiscono addirittura nelle vecchie colonie indiane e dentro un albergo overbooked. Per questa ragione è necessario acquistarne un altro e girare un sequel.
Tre anni dopo Marigold Hotel, John Madden rimette mano alla regia e ritorna nel Rajasthan per raccontare le tribolazioni esistenziali e sentimentali di un gruppo di britannici in un interno. Perché le città indiane fungono soltanto da décor, fondali saturati di colori e charme esotico sui cui proseguire una storia e riconfermare un cast so british. Squadra vincente non si tocca allora ma si aggiorna con la presenza di Richard Gere, che entra nella hall del Marigold hotel e della terza età pieno di una quieta bellezza. Bellezza che toglie ancora il respiro, lo rende oggetto del desiderio delle clienti e innamora la madre del protagonista.
Come e più di Marigold Hotel, Ritorno al Marigold Hotel accumula clichés che convergono nel matrimonio bollywoodiano, che ‘sposa’ i giovani protagonisti e conferma gli anziani, vedovi o divorziati, nei loro sentimenti. Alternativa paradisiaca ai ricoveri occidentali, il Marigold hotel è il luogo ideale in cui spendere la propria avventura crepuscolare, morire, ricominciare o innamorarsi, consumati da amori platonici che quasi mai trovano un’espressione fisica. Gestito ancora una volta da Dave Patel, che sembra fare il verso al personaggio romantico interpretato per Danny Boyle (The Millionaire), il soggiorno nella commedia neocoloniale di Madden è reso piacevole dai pensieri arguti di Judi Dench, dai sentimenti farfuglianti di Bill Nighy e dall’umorismo pungente di Maggie Smith, che recita in un ruolo solitario contro la prospettiva di coppia dominante nel film. Nondimeno Ritorno al Marigold Hotel resta uno ‘spettacolo’ per turisti occidentali a cui vendere l’illusione di un’immersione in una cultura altra e la garanzia di ritornare a casa a sipario chiuso.
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