Martedì al cinema: Gabrielle

Foligno, 07/04/2015 (evento concluso)

Rassegna “Martedì al Cinema – Un altro Cinema è possibile”
Promossa dall’Associazione “Casa dei Popoli” con il patrocinio e contributo della Regione dell’Umbria e del Comune di Foligno

Multisala Politeama Clarici, Foligno – Martedì 7 Aprile, orari 17.30 20.15 22.30
GABRIELLE di Louise Archambault (Canada 2013)

Gabrielle ha vent’anni, un deficit intellettivo e un grande amore, Martin. Vivace e dotata di un grande talento musicale, Gabrielle canta nel coro de Les Muses de Montréal e vive in un centro per ragazzi ‘come lei’. Amata e legata a Sophie, la sorella maggiore che sogna di raggiungere il fidanzato in India, Gabrielle ama riamata Martin e desidera con lui un appartamento e un appuntamento, dove consumare la loro prima volta. Osteggiati dalla madre di Martin, Gabrielle e Martin vengono ingiustamente separati. Ma Gabrielle è decisa a vivere una vita normale. Un concerto d’estate e una canzone di Robert Charlebois realizzeranno i suoi sentimenti e la sua ‘indipendenza’.
In equilibrio tra documentario (sensibile) e finzione (sentimentale), Gabrielle – Un amore fuori dal coro è la storia di una ragazza ‘deficitaria’ e caparbia nella sua costanza di carezzare un sogno e battersi per vivere pienamente la sua vita. Incoraggiata dalla sorella ma priva di un’autonomia reale, Gabrielle soffre di una malattia genetica rara (la sindrome di Williams), un ritardo mentale associato a un carattere estremamente socievole e a una straordinaria abilità musicale. Con grande facilità Gabrielle apprende le canzoni che intona col coro della scuola e accanto al suo amato Martin. Vincitore (in)opinabile del premio del pubblico a Locarno e candidato dal Canada agli Oscar, Gabrielle non ha nessuno dei difetti del suo ‘genere’, il surplus d’emozioni per combattere i pregiudizi, la militanza del film a tesi, l’ode alla differenza, la società dall’anima bella, l’abuso dei buoni sentimenti, nondimeno manca di vibratilità spirituale, quella capacità urtante, pacata, crudele e morbida di fare cinema assimilando slanci altrui e altrove e riproporli in proprio con singolare efficacia e originalità.
Girato con grande rigore da Louise Archambault, regista canadese al suo secondo lungometraggio, Gabrielle non riesce a trascendere la materia sociale del soggetto, impedendo l’emozione al cuore e ai cuori della storia. La paura di scadere nel melodrammatico, trattengono probabilmente l’autrice al di qua della soglia empatica, rendendo lo svolgimento della trama monocorde e il linguaggio fratto, a volte disarmonico, tal’altre distaccato. A parte le belle voci de Les Muses de Montréal, ogni altra ‘voce’ del film è messa in sordina, diminuendone l’intensità e smorzando le vibrazioni di Gabrielle Marion-Rivard, esordiente affetta come il suo personaggio da ritardo cognitivo. Gabrielle illumina il film della Archambault, forte del suo amore e del suo senso innato dell’alterità che unisce il sé agli altri da sé. Ai suoi umorali soprassalti di felicità corrisponde lo svantaggio emotivo e artificioso (perché recitato) di Alexandre Landry, che dona al suo Martin l’illusione dell”anormalità’.
Accompagnati in scena da Robert Charlebois, cantautore e attore quebecchese protagonista con Terence Hill dello spaghetti-western di Damiano Damiani (Un genio, due compari e un pollo, 1975), Gabrielle e Les Muses de Montréal reinterpretano il suo brano più celebre (“Ordinaire”), che custodisce dentro una strofa tutto il senso del film: “Si je chante c’est pour qu’on m’entende. Quand je crie c’est pour me défendre. J’aimerais bien me faire comprendre…” (“Se canto è perché mi si senta. Se grido è per difendermi. Amerei tanto farmi comprendere…”).